
Il nome crauti deriva da sauerkraut, ovvero erba acida. La loro produzione ha origini antiche ed ancora oggi vengono fabbricati seguendo le tecniche di produzione tradizionali, originarie della Germania ma oggi diffuse in tutta Europa.
I cavoli cappucci vengono lavati e privati del torsolo e delle foglie esterne; sono poi tagliati con un'apposita affettatrice e deposti a strati in un alto contenitore, alternati ad una manciata di sale alla quale possono essere aggiunti semi di cumino e bacche di ginepro.
Ben pressati e coperti con qualche foglia di cavolo, vengono poi lasciati fermentare, prima a temperatura ambiente, per una settimana, poi al fresco di una cantina per almeno 3 - 4 settimane coperti da una stoffa ed un coperchio di legno, sormontato da una pietra.
In queste condizioni alcuni microrganismi (fermenti lattici come quelli dello yogurt) trasformano gli zuccheri presenti in acido lattico. In assenza di ossigeno si arriva così ad una progressiva acidificazione dell'ambiente fino alla sua stabilizzazione che favorisce la conservazione del prodotto per parecchi mesi.
La fermentazione lattica, che subiscono i crauti, non solo ne permette la loro conservazione ma ne aumenta il valore nutritivo.
Quando si vogliono cucinare, se ne preleva la quantità voluta, la si sciacqua in acqua fresca e si cuoce con lardo, bacche di ginepro, vino bianco.
I crauti sono l'accompagnamento ideale delle carni di maiale e in particolare di salsicce e altri salumi affumicati.
Tradizionalmente sono considerati veri e propri medicinali naturali, rimedio eccellente contro i disordini intestinali e la dissenteria, utili nello svezzamento, nell'allattamento e nella convalescenza; inattivano od uccidono inoltre batteri patogeni responsabili di molte malattie infettive o di infezioni intestinali.
Alle pendici dello Stelvio esiste ancora una vecchia varietà di cavolo legata alla produzione dei crauti, ma è quasi scomparsa: sopravvive in alcuni orti per il consumo familiare.