La Gallina Padovana ha un aspetto molto curioso: presenta un gran ciuffo di penne sul capo, una barba sul mento, dei favoriti sulle guance e può essere di colore nero, dorato, camosciato o argentato. Si dice che sia stata portata a Padova nel 1300 dal Marchese Giovanni Dondi di ritorno da un viaggio in Polonia, in quanto rimasto affascinato dalla sua eleganza e bellezza.
Si naturalizzò subito nel territorio padovano, incrociandosi con razze del luogo e, grazie ai traffici dei commercianti veneziani, passò i confini per giungere sino nelle Fiandre.
Anche la Gallina Padovana rientra tra le specie che hanno rischiato l’estinzione ma, grazie alla sua particolare bellezza, alcuni amatori hanno continuato ad allevarla: è riconosciuta come prodotto tradizionale dal Mi.P.A.F. (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) ed è presidio di Slow Food, sostenuto da Regione Veneto, Veneto Agricoltura e Camera di Commercio di Padova.
Per il suo allevamento si deve seguire un preciso disciplinare di produzione, che prevede innanzitutto una superficie minima nel luogo di allevamento di almeno quattro metri, per poter "ruspare", attività alla quale deve la qualità della sua carne, oltre naturalmente al tipo di alimentazione a base di granaglie, in particolare mais.
Un marchio registrato ne garantisce l'origine: ad ogni esemplare viene apposto un anellino con il numero dell'allevamento ed esce dal macello accompagnato da un'etichetta, da un pieghevole e, per i ristoratori, da sei cialde che sul piatto accosteranno ad ogni porzione.