Nella Livorno del Seicento e Settecento prese piede una bevanda alcolica derivata dal punch inglese: il ponce, chiamato dialettalmente torpedine. A differenza della bevanda inglese dove tè o acqua bollente veniva unito al rum delle Antille, il ponce alla livornese prevede l'uso di caffè concentrato e del rum fantasia, localmente detto anche rumme, un'invenzione locale costituita da alcol, zucchero e caramello di colore scuro, a volte aromatizzato con un'essenza di rum.
Si effettuava una preventiva bollitura del caffè macinato in una pentola piena d'acqua, da cui si otteneva un infuso che veniva poi filtrato con un panno di lana e immesso nella caffettiera. Al caffè che usciva dalla macchina veniva poi aggiunto con un misurino il rumme o la mastice, una versione del mistrà, liquore di semi di anice verde macerati in alcol.
Col tempo la ricetta originale venne modificata. Gli ingredienti fondamentali sono sempre rum e caffè, a cui vengono aggiunti limone, zucchero e cannella o mastice. Non viene usato rum di pregio, perchè rovinerebbe il sapore della bevanda.
Dosato lo zucchero si aggiunge la vela, ossia la scorza di limone, e si versa il rumme. Poi col beccuccio del vapore della macchina espresso si porta la mistura ad ebollizione e, prontamente, si colma il bicchiere con un buon caffè ristretto.
Al posto del rumme da solo si può usare anche un mix di rumme e cognac o rumme e sassolino: il giusto dosaggio del liquore si ottiene usando come riferimento il bordo superiore dei semicerchi che si trovano alla base del bicchiere.
Il ponce alla livornese viene servito nel gottino, il tipico bicchierino di vetro piuttosto spesso leggermente più grande di quello che normalmente si usa per il caffè.
Generalmente lo si beve caldo bollente a fine pasto di una giornata fredda per riscaldare il palato e il corpo.
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