All'inizio del IV secolo a.C. le popolazioni celtiche portarono nella Lomellina oltre al loro dominio anche la loro esperienza e le loro tecniche agricole, con particolare rilevanza per la produzione vitivinicola.
Dalle testimonianze storiche raccolte il suo sviluppo era arrivato a livelli tali da influenzare anche le usanze romane rendendo famoso il vino prodotto in queste terre. Il sistema di allevamento utilizzato per la produzione del Vino dei Celti era l'Arbustum Gallicum nel quale il vitigno aveva come sostegno un “tutore vivo” che a, seconda del terreno, poteva essere acero campestre in collina oppure pioppo in pianura più indicato, grazie alla sua estensione, a neutralizzare l'umidità del terreno. Insieme all'Arbustum Gallicum erano presenti anche viti allevate su supporto morto, secondo la tecnica delle caracatae.
Le uve raccolte venivano torchiate a legna e il vino veniva conservato in grandi botti. Queste ultime erano estranee alla cultura greca così come a quella centro-italica e sembrano anch'esse legate all'esperienza celtica. In effetti questi contenitori rispondevano a precise necessità: erano più facili da trasportare, proteggevano il vino dagli sbalzi di temperatura e in modo particolare dai freddi delle regioni dell'Europa del Nord.
Il vino veniva quindi travasato all'interno di speciali vasi in ceramica, detti a trottola per la loro forma, appositamente sviluppati dai celti di Lomellina per la conservazione del vino, come dimostrano abbondanti ritrovamenti archeologici.
Oggi questa tradizione è stata recuperata presso l'azienda Molino Miradolo di Robbio che ha provveduto ad una ricostruzione del paesaggio dell'epoca ripristinando un antico dosso lomellino e piantando due dei più antichi vitigni della zona, Moradella e Vespolina.
L'anteprima mondiale della presentazione del Vino dei Celti è avvenuta il 10 aprile 2006 nel corso dell'edizione del quarantennale di Vinitaly di Verona.