
Detto anche Violetto di Castellammare o carciofo di Schito, questo particolare ortaggio viene coltivato nell'area vesuviana, in particolar modo nella località detta Schito del comune di Castellammare di Stabia (Napoli). E' un carciofo di grossa pezzatura, sottotipo della varietà Romanesco, da cui si differenzia per l’epoca di produzione anticipata ed il colore delle brattee (foglie), verdi con sfumature viola.
Per la produzione, che si concentra all'inizio della primavera, si seguono metodi tradizionali con il rispetto per le tecniche definite di "buona pratica agricola" e le carciofaie durano in produzione fino a 5-6 anni.
Un'altra particolarità di questo ortaggio è l'antica tecnica colturale che viene ancora praticata e che consiste nel coprire la prima infiorescenza apicale (mamma o mammolella) con coppette di terracotta (pignatte o pignattelle) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento del carciofo, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
Nonostante gli spazi dedicati alla coltivazione siano diminuiti, il carciofo violetto è rinomato per l’eccellente qualità; esso ha forma sub-sferica, senza spine, sapore gradevole, colore molto delicato, particolare carnosità e tenerezza delle brattee.
E' molto ricco di ferro, risulta di buon valore nutritivo e di basso apporto calorico.
Per queste sue caratteristiche il carciofo di Castellammare è molto apprezzato in cucina, dove viene utilizzato nella preparazione di svariate ricette e piatti locali.
L’ortaggio è uno dei simboli della Pasqua, che generalmente coincide con il periodo centrale della produzione tra febbraio e maggio. In particolare, il carciofo arrostito sulla brace è il piatto simbolo del lunedì di Pasquetta.
Negli ultimi trent'anni, la cementificazione selvaggia e il boom della floricoltura hanno notevolmente ridotto gli spazi dedicati alle coltivazioni tradizionali. Per questo motivo è stato istituito un Presidio Slow Food, sostenuto dalla Provincia di Napoli, avente come obiettivo la riconversione all'orticoltura dei terreni storici, attraverso la promozione di uno dei prodotti simbolo della cucina campana e napoletana in particolare.